La civiltà capitalistica è razionalista e "antieroica". I due termini sono inscindibili. Il successo nell'industria e nel commercio presuppone una quantità di doti personali, ma l'attività industriale e commerciale è per natura aliena dall'eroico in senso cavalleresco - non pompa d'armi scintillanti, non molto coraggio fisico, nessuna prospettiva di lanciarsi a briglia sciolta contro il nemico - e, negli uffici fra le colonne di cifre, l'ideologia che esalta il combattimento per il combattimento e la vittoria per la vittoria inevitabilmente appassisce.
Perciò, possedendo beni che possono attrarre il ladro o l'agente del fisco, e non condividendo o addirittura disprezzando l'ideologia guerriera che contrasta col suo utilitarismo "razionalistico", la borghesia industriale e commerciale è fondamentalmente pacifista e portata a invocare l'applicazione dei precetti morali della vita privata ai rapporti internazionali. [...] Il pacifismo moderno e l'etica internazionale moderna sono tuttavia prodotti del capitalismo. [...] non si vuol negare con ciò che molte borghesie abbiano combattuto energiche battaglie per il proprio focolare, nè che quasi tutte le repubbliche puramente borghesi siano state aggressive ogni volta che ritennero vantaggioso esserlo, nè che nessuna borghesia abbia mai sgradito i profitti di guerra e i vantaggi commerciali derivanti dalla conquista, o rifiutato di prendere lezioni di nazionalismo guerriero dai suoi maestri o dirigenti feudali o dalla propaganda di gruppi specialmente interessati. Quello che sostengo è che: 1) che questi casi di combattività capitalistica non si possono spiegare esclusivamente o in primo luogo (come ha fatto il marxismo), in termini di interessi o di situazioni di classe che generino sistematicamente guerre capitalistiche di aggressione e di conquista; 2) che altro è fare ciò che si considera il proprio compito normale e quotidiano, ciò a cui ci si prepara nelle ore di lavoro e di svago e in funzione di cui si definisce il proprio successo o insuccesso, altro è fare ciò che non è nella propria linea, che non rientra nel proprio lavoro e nella propria mentalità normali, e che in caso di successo, aumenta il prestigio della più antiborghese delle professioni; 3) che questa differenza parla- nelle faccende internazionali come in quelle interne- contro l'uso della forza militare a favore di componimenti pacifici anche laddove la bilancia dei vantaggi pecuniari pende chiaramente dal lato della guerra (cosa che nel mondo moderno non è, in genere, molto probabile). In realtà, più la struttura e l'atteggiamento di una nazione sono integralmente capitalistici, più essa si rivela pacifista e incline a calcolare i costi della guerra. Data la natura complessa di ogni caso singolo, solo un'analisi storica minuta dimostrerebbe quest'affermazione; ma l'atteggiamento borghese verso gli eserciti stanziali, lo spirito in cui e i metodi con cui le società borghesi muovono guerra e la disposizione ad accettare, in casi seri di ostilità prolungate, norme non-borghesi, sono di per sè conclusivi. Perciò la teoria marxista che l'imperialismo rappresenti l'ultimo stadio della evoluzione capitalistica non regge anche indipendentemente da obiezioni di carattere economico. (J.A. Schumpeter, Capitalismo socialismo democrazia, Etas Kompass, Milano 1964, pp 123-124.)