mercoledì 7 marzo 2012

Liberate immediatamente i nostri soldati.

L'atto di prepotenza del governo indiano non può più essere tollerato. L'Italia deve aumentare i suoi sforzi (fin qui deboli e non incisivi) affinchè i nostri due fanti del Battaglione San Marco della Marina militare siano liberati e, eventualmente, processati nella madrepatria. 
E' inconcepibile che il nostro governo si lasci sbeffeggiare così apertamente da uno Stato, l'India, che sta palesemente violando il Diritto Internazionale consuetudinario. Non possiamo più essere sotto schiaffo da chicchessia. 
Il nostro Paese non può e non deve rinunciare alle sue prerogative sovrane e allo ius exludendi alios mantenendo, di contro, un atteggiamento vago e remissivo. Un Paese degno di tale nome avrebbe già rimandato a casa l'ambasciatore indiano aprendo una disputa internazionale e una sacrosanta crisi diplomatica.
Governo indiano liberi immediatamente i nostri soldati.

venerdì 2 marzo 2012

Demotruffa.

Si snatura la democrazia facendo dimenticare che essa è una forma di regime politico, prima che una forma di società. Si snatura la democrazia presentando come democratici tratti di società – come la ricerca d'una crescita illimitata di beni e merci – inerenti invece alla logica dell'economia capitalista: «democratizzare» significherebbe produrre e vendere a ceti sempre più larghi prodotti dal forte valore aggiunto. Si snatura la democrazia favorendo condizioni per il caos istituzionalizzato, reso sacro come solo ordine possibile, come esito di una necessità storica davanti alla quale ognuno, per «realismo» («il buon senso delle canaglie», lo chiamava Bernanos), dovrebbe piegarsi... L'ideale della governance, il modo di rendere non democratica la società senza affrontare la democrazia: senza sopprimerla formalmente, si lavora a un sistema di governo senza popolo. Se del caso, contro. (Alain De Benoist  "Uso e abuso della democrazia", "Il Giornale", 17 agosto 2008).

giovedì 23 febbraio 2012

Sinistri...e Squadristi.

Quanta acidità, quanta flaccidità, quanta morbosa morbidezza in questa triste sinistra intellettuale e quanta paura, simpatia apparente, spiritosaggine superficiale si trasformano appena vengono toccati certi temi.
Può la consapevolezza di una inferiorità fisica, morale e spirituale rimbalzare con tanta persistenza da un orecchio all'altro? Da ognuna di queste bocche piene di bile e di risentimento? Ma non mi stupisce, infatti non dico nulla di solito, me ne frego!
E se mi si propone democraticamente di dire la mia rifiuto volentieri la concessione. La mia facoltà, la mia volontà di pronunciarmi non hanno certo bisogno della loro autorizzazione. Non mi stupisce che lo squadrista e, badate bene, intendo quello anni '20, furgoncino, fez e manganello, il punk dell'inizio del secolo... Non mi stupisce che lo squadrista li faccia tremolare e faccia sudare la loro pelle grassa perché lo squadrista rappresenta il simbolo di tutto, dico bene tutto, quello che loro non potranno mai essere, di tutto ciò che non potranno mai avere!

giovedì 2 febbraio 2012

Decadenza

L'uomo è condannato a progredire, a compiere ogni sforzo per dominare le forze della natura, a introdurre nella sua vita quotidiana elementi di civiltà, a organizzarsi politicamente per poter vivere e sviluppare le proprie attività  con il sempre più ampio  uso della ragione. Ma questa somma di progressi è solo un lato della medaglia. L'altro lato consiste nella perdita dell'innocenza naturale, nel peggioramento dei costumi, nella strumentalizzazione del linguaggio ai danni dell'unità di sentimento e ragione. Pertanto il progresso produce decadenza. [R. Koselleck, Il vocabolario della modernità. Progresso, crisi, utopia e altre storie di concetti, il Mulino, Bologna, pp.65-66]

lunedì 30 gennaio 2012

SottoFasciaSemplice - W l'I-taglia

Siamo italiani ma non per questo pagliacci. Una popolazione di pulcinelle e arlecchini che vendono stracci, o una penisola intera di albergatori, ristoratori. Siamo italiani ma non per questo ai comandi di lor signori. Vi piacerebbe sì? Che fossimo sempre lì, pronti a riempirvi di complimenti e a portarvi a remi nelle onde cantando di cieli azzurri e di notti stellate, mentre tocchiamo il culo alle bionde. Ma noi siamo italiani, capaci di sforzi industriali eccezionali, capaci di progettare soluzioni meccaniche, architettoniche senza eguali. Una penisola dove urbanistica e vena artistica sono facce della stessa medaglia. E questa è l'I-taglia, che fa rima con la baionetta, che taglia. Quindi viva l'I-taglia come il motore del siluro che si scaglia su un'Europa travestita da Europa Unita, un'Europa che prima di incominciare era già finita. Un'Europa grassa, vecchia e rincoglionita, un 'Europa che è diventata una burocrazia di crucchi e di imbroglioni che ogni volta ci giudica e ci dà istruzioni e ci indica la via come pieni di simpatia e vocazione turistica...Gente in costume da bagno, occhiali di plastica, gente che s'abboffa di pasta ma poi fa ginnastica, gente che vuole bene alla mamma e quando segna la nazionale va in crisi mistica. Siamo italiani, ma non per questo codardi e truffatori, briganti e grassatori. Noi siamo italiani, eredi di oltre dieci secoli di legislazione e nonostante questo è pazzesco che questa nostra stampa, questa classe politica televisiva, perchè di questo si tratta, in ogni modo possibile si piega e si adatta a un'immagine costruita all'estero, distorta, artefatta che vuole un'Italia sfatta. Un'Italia pacifica, simpatica, con la Torre di Pisa un po' storta, un'Italia morta con fabbriche in svendita e una gioventù in perdita, dedicata in tutto per tutto ai servizi e al servizio, che non ha nulla da perdere e tutto da vendere. Siamo italiani e non lo possiamo permettere, non lo dobbiamo permettere...per questo viva l'I-taglia che taglia come le baionette. Questa non è una penisola, chiamiamola Itaglia come battaglia e potremo scegliere se essere come ci vogliono loro o come vogliamo noi essere, come rinascere crescere, per questo la parola d'ordine sarà RESISTERE! Perchè siamo italiani e siamo capaci di scegliere se credere in noi stessi o cessare d'esistere, se capire che a nessuno in Europa e nel mondo interessa che l'Italia sia altro che una destinazione turistica. Siamo italiani e non lo possiamo permettere.

sabato 28 gennaio 2012

La civiltà capitalistica...

La civiltà capitalistica è razionalista e "antieroica". I due termini sono inscindibili. Il successo nell'industria e nel commercio presuppone una quantità di doti personali, ma l'attività industriale e commerciale è per natura aliena dall'eroico in senso cavalleresco - non pompa d'armi scintillanti, non molto coraggio fisico, nessuna prospettiva di lanciarsi  a briglia sciolta contro il nemico - e, negli uffici fra le colonne di cifre, l'ideologia che esalta il combattimento per il combattimento e la vittoria per la vittoria inevitabilmente appassisce. 
Perciò, possedendo beni che possono attrarre il ladro o l'agente del fisco, e non condividendo o addirittura disprezzando l'ideologia guerriera che contrasta col suo utilitarismo "razionalistico", la borghesia industriale e commerciale è fondamentalmente pacifista e portata a invocare l'applicazione dei precetti morali della vita privata ai rapporti internazionali. [...] Il pacifismo moderno e l'etica internazionale moderna sono tuttavia prodotti del capitalismo. [...] non si vuol negare con ciò che molte borghesie abbiano combattuto energiche battaglie per il proprio focolare, nè che quasi tutte le repubbliche puramente borghesi siano state aggressive ogni volta che ritennero vantaggioso esserlo, nè che nessuna borghesia abbia mai sgradito i profitti di guerra e i vantaggi commerciali derivanti dalla conquista, o rifiutato di prendere lezioni di nazionalismo guerriero dai suoi maestri o dirigenti feudali o dalla propaganda di gruppi specialmente interessati. Quello che sostengo è che: 1) che questi casi di combattività capitalistica non si possono spiegare esclusivamente o in primo luogo (come ha fatto il marxismo), in termini di interessi  o di situazioni di classe che generino sistematicamente guerre capitalistiche di aggressione e di conquista; 2) che altro è fare ciò che si considera il proprio compito normale e quotidiano, ciò a cui ci si prepara nelle ore di lavoro e di svago e in funzione di cui si definisce il proprio successo o insuccesso, altro è fare ciò che non è nella propria linea, che non rientra nel proprio lavoro e nella propria mentalità normali, e che in caso di successo, aumenta il prestigio della più antiborghese delle professioni; 3) che questa differenza parla- nelle faccende internazionali come in quelle interne- contro l'uso della forza militare a favore di componimenti pacifici anche laddove la bilancia dei vantaggi pecuniari pende chiaramente dal lato della guerra (cosa che nel mondo moderno non è, in genere, molto probabile). In realtà, più la struttura e l'atteggiamento di una nazione sono integralmente capitalistici, più essa si rivela pacifista e incline a calcolare  i costi della guerra. Data la natura complessa di ogni caso singolo, solo un'analisi storica minuta dimostrerebbe quest'affermazione; ma l'atteggiamento borghese verso gli eserciti stanziali, lo spirito in cui e i metodi con cui le società borghesi muovono guerra e la disposizione ad accettare, in casi seri di ostilità prolungate, norme non-borghesi, sono di per sè conclusivi. Perciò la teoria marxista che l'imperialismo rappresenti l'ultimo stadio della evoluzione capitalistica non regge anche indipendentemente da obiezioni di carattere economico. (J.A. Schumpeter, Capitalismo socialismo democrazia, Etas Kompass, Milano 1964, pp 123-124.)